assia, senza dubbi

Si chiama Assia, ha i capelli corti, gli occhi neri e una grande, grandissima grinta. Quando l’ho vista la prima volta contrastava sull’erba verde del parco sotto casa. Portava con sé le sue bambine e le correvano intorno come mosche sullo zucchero. Il marito, davanti, al telefono. Assia non è solo una delle mie più care amiche qui, ma é anche la persona che più di chiunque altro, mi fa sentire a casa. Assomiglia tantissimo a mia zia, parla come lei, dice le stesse cose, ma soprattutto entrambe sgranano gli occhi alla stessa maniera, quando mi sfugge qualcosa di inaspettato.

il miglior baklawa

Assia cucina al mattino – mia zia la sera – per tutte le volte che dovrà mangiare durante il giorno. Il suo cous cous ha un profumo raro e quando fa i baklawa me li porta sempre: tutti in fila, dentro una scatolina di legno col coperchio intarsiato. I baklawa di Assia* sono fatti con la migliore frutta secca e il miglior sciroppo al miele che esistano. Il dessert più buono che io abbia mai mangiato.

Assia è anche una straordinaria osservatrice, si ricorda di qualsiasi cosa io le dica ed è attenta a tutto ciò che le si muove intorno. Naturalmente, come mia zia. Fa tutto quello che c’é da fare e lo fa come va fatto. Senza dubbi e senza il rischio di ripensamenti, che le farebbero solo perdere tempo.

Alors, Assia en arabe signifie ‘celle qui soulage’ ou ‘celle qui soigne’

Assia è la madre, la sorella, la compagna e la figlia che tutti dovrebbero avere. Una accuditrice indefessa e formidabile esempio di come un intero genere possa riscattarsi da qualsiasi trattamento, educazione e passato abbia avuto. Assia é la rivoluzione pulita, la certezza di un bisogno tutto personale di emanciparsi, senza per questo dimenticare la gratitudine verso l’Algeria, il paese in cui sono rimaste le sue origini, bloccate in un caos contraddittorio di credenze e tendenze e, comunque, un luogo ancora salvo per la religione. “Buona“, come dice lei.

l’orlo della fontana

Con Assia parlo di tutto. Di figli, di casa, di vecchie storie, di come amo vivere e di cosa mi piacerebbe fare, diventare. Quando ci sediamo sull’orlo della fontana, nel punto più ventoso di Karlsrhue, sembriamo due bambine di nove anni. Col panino e la borraccia. Lei mi racconta la sua vita, della sua migliore amica e di altre amiche, che sono belle e brave, ma che non è la stessa cosa. Mi parla del suo sogno, poter accogliere un giorno tutta la famiglia, che non è solo la sua, ma anche quella del marito. Dice che vuole comprare una casa e stabilirsi in Germania. Trasferire il suo micro-mondo algerino in Europa.

Assia ed io parliamo anche di libertà, di cosa voglia dire per lei e di cosa voglia dire per me e ogni volta mi rendo conto di quanto siamo vicine. “Essere libera non significa che puoi fare quello che ti pare. Devi conoscere i tuoi limiti e rispettarli, assolutamente. Perché rappresentano i tuoi valori, sei nata con questo. Se ti rispetti puoi anche farti rispettare.” Per Assia il concetto di libertà é così interiorizzato da non doverlo nemmeno più ricercare. Nonostante la devozione forte verso la sua famiglia, verso un modo di stare sempre composto, o contenuto, lei si sente libera, libera profondamente e senza alcun dubbio, ancora una volta. E ancora senza il rischio di ripensamenti che, sicuramente, le farebbero perdere tempo.

L’altro che altro non è

Lo stato di libertà di Assia si misura con la capacità personale di controllarsi, da cui si sprigiona, per contrasto, un sentimento di apertura e di elevata considerazione per l’altro. L’altro che altro non è che la proiezione di sé, fuori da sé. Assia non beve alcool e non mangia carne di maiale, perché sa che nel primo caso perderebbe il controllo, nel secondo si nutrirebbe di un cibo che non le fa bene. “Dietro un impedimento c’è il senso di rispetto, ma soprattutto di protezione”, mi dice. Da cosa esattamente lei lo sa benissimo e mi risponde con una parola secca: “dall’imperdonabile“.

Ciascuno in casa ha il suo Corano, non sei obbligata ad averne uno personale. L’importante è che tu possa consultarlo, quando serve, se ti accade un fatto e non sai come comportarti.”

Assia

Assia, a differenza mia, ammette l’esistenza di una sua responsabilità se qualcosa dovesse andare storto. Se qualcuno le mettesse le mani addosso, per esempio. Se venisse toccata o anche solo sfiorata, verrebbe meno la sua assoluta innocenza. Gliela detta il Corano, non l’innocenza, ma la colpa, la responsabilità. “Ciascuno in casa ha il suo Corano, non sei obbligata ad averne uno personale. L’importante è che tu possa consultarlo, quando serve, se ti accade un fatto e non sai come comportarti“. Assia ha un Corano grande perché non vede molto bene da vicino e quando lo legge vuole che sia chiaro. Deve poter riflettere sulle righe che lo compongono, comprenderlo bene. La comprensione della parola é alla base di tutta la vita di Assia.

se vuoi puoi

Assia ha studiato all’università. Il destino delle donne in Algeria di solito è un altro, al massimo puoi andare al college. Ma Assia voleva studiare, lo desiderava fortemente, e un giorno ha salutato la sua famiglia ed é partita per Parigi. “Perché se vuoi davvero qualcosa nessuno può impedirti di ottenerla, ma non devi essere mai da sola”. Cosa vuol dire? “Deve accompagnarti qualcuno, che ne so, tuo padre, tuo fratello. Se sei da sola possono farti del male e qualcuno dovrà proteggerti.” Allora le chiedo se non sia più un bisogno di controllo, quello dell’accompagnatore intendo. Ma lei mi risponde che si tratta di protezione. Il bisogno é quello di sentirsi protetta.

Assia a Parigi, alla fine, é andata da sola e senza dubbi.

Io di dubbi ne ho moltissimi invece. Vorrei dirle che é contraddittorio, che non é sempre vero l’istinto di protezione. Provo a punzecchiarla, le dico che faccio fatica ad immaginare la mia vita che si stringe dentro ad una convinzione così salda. Ma è inutile. Mi interrompe, con un’enorme smorfia di orgoglio, e mi risponde: “È la legge!” Posso trasgredire? Fa ballare la testa e capisco che non posso.

dieci milioni di dollari

Ultima domanda, scontata come la sigaretta dopo il caffè, o prima, non saprei. Perché non indossi il velo? E scopro che finalmente, dopo due ore di senza dubbi si apre la prima porticina sconveniente di Assia. Non lo sa. Pensavo di rivolgerle la domanda più attesa del secolo, mi tirerà fuori, con tutta la sua tipica fierezza, la più controversa teoria sull’hidjab, penso. E invece si ammutolisce, butta lo sguardo in basso e rimuove la testa. Prende fiato e risponde:

È il mio pensiero più grande da quando mi sveglio a quando mi metto a letto. Voglio indossarlo, non voglio indossarlo, voglio indossarlo, non voglio indossarlo e continuo a ripetermelo. Il mio cuore mi suggerisce di farlo, la mia testa no.” Capisco che é una decisione assoluta, da cui non si può tornare indietro, a cui non puoi ripensare. Una sorta di m’ama non m’ama, i cui petali cadono sulla tua pelle e da li non si staccano più.

Assia è una bellissima donna, il suo cuore è presente in qualunque circostanza e vorrebbe dire a tutti che il suo dio è buono e che bisogna fidarsi. Fidarsi di lui, che corrisponde a fidarsi di tutto. E che: “Semplicemente non puoi volare se non hai le ali e le ali non le hai“. Senza dubbi.

* La ricetta che trovate nel link è di un'altra Assia, magie della casualità.